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164 novella lxxx.

colei che credea la Geva, parendole che la sera avesse troppo bevuto, e che la dovesse smaltire la cervogia. Per la qual cosa, presa in mano la lesina e gli spaghi, incominciò a traforare e a tirare, e di quando in quando a picchiar col martello sulle suole e sulla cucitura per fare un buon lavoro; e per ricrearsi da sè a sè cantava una canzonetta, tanto che il rumore destò la creduta Geva. Costei non ancora ben desta, e non sospettando punto di non essere nella stanza sua propria, incominciò con gli occhi ancora chiusi a gridare, e a dire: Che maladizione è questa? che romore? quale insolenza? Chi ha questo ardimento di cantare a tale ora così da vicino alla camera mia e di svegliarmi? È questo il rispetto che si ha alle dame? ma non sia più io, se non fo spezzar il capo e le braccia a quest’asino che raglia allo spuntare del dì, e se non gli fo mozzare gli orecchi. Buono, disse Taddeo ridendo, costei crede di essere già divenuta quella che le predisse lo strolago, e farnetica: andiamo avanti; e così detto canta. La donna apre gli occhi, e vede Taddeo; chiama infuriata a nome quanti servi avea: nessun risponde. Dà un’occhiata alla camera, vede un bugigattolo da topi; un’altra alle lenzuola, le trova di capecchio; e non sapendo che cosa ciò fosse, piena di maraviglia e di furia, cominciò a svillaneggiare Taddeo, dicendo che forse di accordo con Giovanni le avea tesa quella trama per mortificarla, ma ch’ella era dama, e non se ne curava punto, perchè tosto si sarebbe vendicata del marito, e avrebbe fatto andare il calzolajo sulle forche. Taddeo arrabbiato a questo nome di forche, perdette la pazienza, e chiamandola pazza, briaca e peggio, incominciò a minacciarla, che se la non si levava tosto, avrebbe dato di mano ad un bastone, e tentato di guarirla dalla pazzia per quel verso. Ella gli rispondea malamente, tanto che Taddeo fu sforzato di assalirla con le pugna; ed ella non sapendo che altro farsi, tacque pel suo meglio, e piena di maraviglia e di rabbia si pose indosso la gonnelletta e