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novella lxxix. 153

que’ villani, che finalmente lo presero, e venne in carcere condotto, dove confessò di subito la sua reità, e ch’egli avea voluto con tante finzioni fare vendetta, per gelosia, dell’Antonia, e privarla di vita.


LXXIX.


Osservazione sull’alterazione cagionata

negli uomini dalle ricchezze.


Parecchi ho veduti a’ miei giorni, i quali, secondo gli accidenti di loro vita, si cambiarono in altri uomini diversi da quelli ch’erano prima. Certuni ben voluti dalla fortuna erano sì capricciosi e strani, che l’impacciarsi con esso loro era una morte; non si potea far cosa della quale non mostrassero fastidio; e, oltre a ciò, un sottilissimo spirar di aria gli facea ammalare; appena poteano star sani mangiando squisitissimi cibi, e aggravavano loro lo stomaco fino agli uccellini arrosto. Cambiatasi la fortuna, li trovai non solo mansueti e cortesi, ma si mangiavano con grandissima consolazione vivande da struzzoli, che andavano loro tutte in sangue e in carne, sicchè di tristanzuoli e tisicuzzi, che prima erano, camminavano gagliardi in sull’anche, e aveano un viso vermiglio che pareano la salute. All’incontro alcuni, saliti da una bassa ad un’alta fortuna, fecero il contrario, e divennero bestiali, scortesi e sì pazzi, che non si sapea più per qual verso prenderli a far loro intendere le cose ragionevoli. Ma quello che più mi facea da ridere, si fu ch’entrando in una vita nuova fra mille circostanze, nelle quali non aveano dentro consuetudine, facevano cose che non si fanno, e volevano quello che non si vuole, parendo loro impossibile che lo aver danari non basti a far volare gli elefanti. Ragionarono di palagi con architetture che non si potrebbono inventare dalle nuvole, di vestiti con un certo garbo particolare per parere dappiù che gli altri, di fornimenti, di masserizie e di staffieri in un modo vario da tutte le genti; tanto