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146 novella lxxvii.

ti facea la più grata accoglienza del mondo, un altro poco mancava che non ti mordesse o ti lanciasse pennelli e tinte nella faccia, e arrabbiava come un cane. Era costui divenuto sì celebre tanto per l’arte sua, quanto per le sue fantasie in tutta la città, che non v’avea chi nol conoscesse; e facendosi un giorno ragionamento di lui in un cerchio di persone, trovavasi quivi per caso un certo Pippo, uomo piuttosto volgare, ma di piacevole natura, e di motti e burle inventore così presto e caro, che in ogni luogo era richiesto e volentieri veduto. Udito Pippo le nuove cose che si raccontavano del valente pittore, disse: A me, signori, darebbe l’animo di far vendetta di tutti quelli che furono da lui co’ capricci suoi tribolati, se alcuno di voi mi vestisse per due ore in modo ch’io potessi parere qualche gran signore. Sì, sì, disse ognuno; e in breve gli fu promesso un vestito da farlo parere un re, non ch’altro, quando egli avesse voluto; ond’egli, quasi fosse pur giunto allora alla città, mandò un suo amico informato della faccenda al pittore, il quale gli dicesse le maraviglie di sua nobiltà e ricchezza, e gli promettesse non so quali centinaja di scudi per parte sua per fargli il ritratto. Il suono di tanti scudi fu volentieri udito dal pittore; oltre a’ quali non era anche picciola la speranza de’ bei presenti che gli avea data il sensale; affermandogli che il forestiere non avea mai trovato in alcuna parte dell’Europa chi l’avesse saputo dipingere; e che avendo udita la sua gran fama, avea a bella posta varcato molto mare, e grande spazio di terra trascorso, per avere un ritratto di sua mano. Gli uomini più strani e bestiali all’udire danari, e all’essere grattati nell’ambizione, si rallegrano grandemente, e diventano di buon umore. Fecesi l’accordo; venne l’assegnato giorno, e Pippo andò alla casa del pittore, accompagnato da una mascherata di staffieri, e vestito che parea un duca. Il pittore gli fece gentilissima accoglienza; Pippo gli fu grato, lo commendò della sua gran fama, si pose a sedere, trasse fuori un oriuolo