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126 novella lxxi.

che non ebbe mai cagione di valersi di alcuna delle masserizie che quivi erano. Pur finalmente entratovi un giorno in cui avea un poco più d’agio, gli venne in cuore di rivedere cosi da sè a sè le cose sue; e tratto fuori da un armadietto l’inventario che avea, cominciò a noverare le bottiglie: una, due, tre ecc. L’inventario ne ebbe in fine la metà più che lo stanzino in cui erano rinchiuse. Va a’ tovagliuolini: uno, due, tre; non ci fu caso di poter allungare il numero di essi fino a quello che era segnato nella carta. Che dirò io più? d’ogni cosa gli era stato tolto la metà; e veramente io trovo che nelle faccende un poco di disordine non è male; e se egli non avesse fatto la scrittura, non avrebbe forse avuto il dispiacere di sapere quello che gli mancava. Quivi non vi era da storiare: il cameriere solo vi era stato; e potea egli solo aver trafugato quel che non vi era. Lascia passare due dì, a capo de’ quali la sera, chiamato a sè il servo, s’avvia seco verso la casettina e gli dice: Apri. Così, fa: entrano. Il padrone gli dice: Chi ha avuto le chiavi di questa casa? Voi e io, risponde il servo. E le desti tu mai ad alcuno? risponde il padrone. No, le non sono uscite mai delle mie mani; io so quanto vossignoria mi raccomandò il primo giorno. Egli è sì lungo tempo, dice il signore, che non ci fui, che io non so quello che ci abbia, e ho a trattare alcuni miei amici: riscontriamo le robe all’inventario. Il servo copre il suo battimento di cuore col miglior viso che può, e con le carte in mano si va a noverare: ogni cosa è la metà. Il servo comincia ad imbiancare, e la lingua parea d’uomo che parli col ribrezzo della terzana. Il signore che buon animo avea, e forse anche incominciava a temere di trovarsi quivi soletto con un ladroncello, gli fece una garbata diceria, in fine della quale gli disse che gli avrebbe perdonato ogni errore se gli confessava il vero. Il servo colpevole, tocco il cuore da tanta generosità, pieno di vergogna e di rabbia contro di sè medesimo, datosi un pugno nel petto e strabuzzando gli occhi, che parea inva-