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118 novella lxvii.

altri panni neri, e se ne andò a casa mezzo trasognato di quello che gli era avvenuto.


LXVII.


Il Suonatore a suo dispetto.


Il caso fa nascere alle volte certe avventure, dalle quali sarebbe stato impossibile che l’uomo si guardasse, tanto sono lontane da ogni umano avvedimento. Ciò si può in parte comprendere da quello che successe ed un gentiluomo di una città non molto da questa lontana, come io lessi in una lettera scritta da lui medesimo ad un suo amico, e molto mio, che mi conferì l’accidente.

Questo gentiluomo dunque, il quale per molti anni si esercitò nell’arte della guerra, deliberò di godersi in pace nella sua patria, dove è ben veduto e amato da’ concittadini suoi. Essendo però egli stanco de’ romori del mondo, comechè si trovi ancora in età fresca e vigorosa, ha posto il suo maggior diletto nell’andare da sè solo a caccia, o nel passare il tempo suonando un oboè con tanta maestria, che sembra la sua professione. E soprattutto quando sa che ne’ vicini villaggi si faccia qualche sagra solennità, quivi ne va tutto soletto a piedi e con lo strumento suo sotto il braccio per suonare alla chiesa, piacendogli di vedere la maraviglia di quegli attoniti villani, i quali a bocca aperta e con gli occhi stralunati ascoltano l’armonia del non conosciuto strumento. Un giorno fra gli altri dunque, che egli avea suonato in una chiesa, lontana forse due miglia dalla città, se ne ritornava, secondo la usanza sua, per esercizio e per ispasso indietro alla volta di casa, solo e a piedi, e con l’oboè sotto il braccio. Nè era forse giunto alla metà del cammino in un luogo solitario e da lunge da tutte le genti, quando gli vennero incontro due uomini con un archibuso in ispalla per ciascheduno, e con certi visi che avrebbero dato sospetto a Marte. E oltre a ciò si avvide, all'andare