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112 | novella lxiii. |
vellino pittore mi fece entrare in queste ciance, le quali poichè son fatte, vadano pure in istampa come tante altre nel mondo.
Venne adunque il giovane, ch’io dico, in Venezia, mandato dal padre suo, perchè alcuni de’ suoi congiunti lo provvedessero di qualche valente maestro in pittura, conoscendo in lui una disposizione molto atta a questa nobilissima arte, la quale qui viene con tanto valore da molti periti uomini esercitata. Ebbe il giovane il desiderato maestro; e fra la natura sua a tal disciplina inclinata, e lo studio che con diligente attenzione vi fece, non molto andò, ch’egli mcominciò di nascosto a dipingere qualche capriccio, e ne traeva danari. Di che oltremodo contento e sempre più invogliandosi per la utilità che ne traeva, si diede a lavorare gegliardamente, e guidò a fine certi lavorietti che piacquero ad un ricco uomo, il quale nel compensò largamente, e dandogli animo al proseguire, gli ordinò che dipingesse da indi in poi non so quanti bei visi di pastorelle, di ninfe o altre femmine, quali egli volesse, purché le fossero belle. Il giovane a cui a poco a poco mancava la fantasia a lavorare da sè, per impinguarnela con gli oggetti tratti da natura, ne andava col toccalapis nelle tasche e con un libriccino, e di quanti bei visi vedeva, traea così in fretta in fretta almeno i primi lineamenti, e sbozzava in tal modo quelle bellezze ch’egli intendea poi di dipingere. Aggirandosi egli dunque per la città e raunando sì fatte ricchezze, si abbattè un giorno sotto ad una finestra doy’era affacciata una giovane, la quale parendo a lui a proposito per farne una Venere, cominciò a fare l'ufficio suo, non sapendo punto chi ella si fosse, nè conoscendo ch’ella si era dipinta da sè prima, e che la sapea adoperare la biacca e il minio molto meglio di lui. La cantoniera, adocchiato il giovane, chiestogli che facesse, e udito ch’egli era pittore, entrò seco in ragionamento, e tanto gli disse, che si accordarono insieme ch’egli comperasse la tela e ch’ella si lascerebbe ritrarre. Così fu fatto, e