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108 | NOVELLA LXI. |
sepoltura. Sentendo il vicinato le strida, credendo che vi fossero ladri e uccisioni, accorsero in frotta con lanterne, lumi e con arme, atterrarono l’uscio, e udendo le voci che pareano uscire di sotterra, alzano le lanterne e veggono la scala caduta. Trassero fuori quei poveri pericolati, e gli condussero zoppicando chi ad una casa, chi ad un’altra, fino a tanto che fosse riedificata la scala.
LXI.
Curioso bisbiglio di donne per un nonnulla.
Appena uscirono i numeri del lotto, che una femmina, moglie di un materassajo, ne andò ad una certa via prossima alla corte di Ca Barozzi, correndo che la parea invasata, e quivi trattosi lo zendale indietro e ondeggiandole di qua e di là dalle guance certi capelli che da parecchi giorni innanzi non erano stati attastati da pettine, incominciò a gridare come una trombetta: Donne, o donne, uscite fuori, abbiamo vinto; il lotto è nostro. Penetrò la voce ad un tempo negli orecchi di dieci femminette, e si udirono ad un tratto dieci strida di allegrezza. Aprironsi finestre, si spalancarono usci, si scesero scale, e tutto fu un tempo: tutte furono intorno alla beata messaggiera: chi traeva fuori polizze di qua, chi di là. Furono fatti i riscontri da un barcajuolo trovatosi quivi per caso, che intendeva l’abaco, e fu vero che fra dieci donne, le aveano vinto diciannove ducati per una. Da dieci gole cominciarono le allegrezze: furono ricordati i sogni e le combinazioni che fatte aveano; incominciaronsi tutte a baciare ed avventarsi al collo l’una dell’altra, che parea si volessero rodere. Aveano intorno le amiche un codazzo di fanciulli che saltavano e stridevano. Una fruttajuola fra le altre beneficata dalla fortuna, preso con l’ugne un grembiale alquanto logoro che avea innanzi, ne fece mille squarci, dicendo: Va, maladetto; ecco il tempo ch’io ti scambierò in un nuovo;