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di là del mare 259

che rappresentava i fantasmi passeggieri, con un carattere di necessità fatale. Nel paesello i figli delle vittime avevano fatto pace cogli strumenti ciechi e sanguinarii della libertà; curatolo Arcangelo strascinava la tarda vecchiaia a spese del signorino; una figlia di compare Santo era andata sposa nella casa di mastro Cola. All’osteria del Biviere un cane spelato e mezzo cieco, che i diversi padroni nel succedersi l’uno all’altro avevano dimenticato sulla porta, abbaiava tristamente ai rari viandanti che passavano.

Poi il cespuglio si faceva smorto anch’esso a poco a poco, e l’assiolo si metteva a cantare nel bosco lontano.

Addio, tramonti del paese lontano! Addio abeti solitari alla cui ombra ella aveva tante volte ascoltato le storie che egli le narrava, che stormivate al loro passaggio, e avete visto passare tanta gente, e sorgere e tramontare il sole tante volte laggiù! Addio! Anch’essa è lontana.

Un giorno venne dalla città una cattiva notizia. Era bastata una parola, di un uomo