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di là del mare 251

schiarava appena la figura membruta dell’uomo che era al timone, immobile, cogli occhi fissi sul quadrante, e la mente chissà dove. A prua si udiva sempre la mesta cantilena siciliana, che narrava a modo suo di gioie, di dolori, o di speranze umili, in mezzo al muggito uniforme del mare, e al va e vieni regolare e impassibile dello stantuffo.

Sembrava che la donna non sapesse risolversi a lasciare la mano di lui. Infine alzò gli occhi e gli sorrise tristamente: — Domani! sospirò.

Egli chinò il capo senza rispondere.

— Vi ricorderete sempre di questa ultima sera?

Egli non rispose. — Io sì! — aggiunse la donna.

All’alba si rividero sul ponte. Il visetto delicato di lei sembrava abbattuto dall’insonnia. La brezza le scomponeva i morbidi capelli neri. Diggià la Sicilia sorgeva come una nuvola in fondo all’orizzonte. Poi l’Etna si accese tutt’a un tratto d’oro e di rubini, e la costa bianchiccia si squarciò qua e là