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236 novelle rusticane

nava il capo alle schiopettate, perchè non aveva armi da rispondere. Prima c’era la pena di morte chi tenesse armi da fuoco. — Viva la libertà! — E sfondarono il portone. Poi nella corte, sulla gradinata, scavalcando i feriti. Lasciarono stare i campieri. — I campieri dopo! — Prima volevano le carni della baronessa, le carni fatte di pernici e di vin buono. Ella correva di stanza in stanza col lattante al seno, scarmigliata — e le stanze erano molte. Si udiva la folla urlare per quegli andirivieni, avvicinandosi come la piena di un fiume. Il figlio maggiore, di 16 anni, ancora colle carni bianche anch’esso, puntellava l’uscio colle sue mani tremanti, gridando: — Mamà! mamà! — Al primo urto gli rovesciarono l’uscio addosso. Egli si afferrava alle gambe che lo calpestavano. Non gridava più. Sua madre s’era rifugiata nel balcone, tenendo avvinghiato il bambino, chiudendogli la bocca colla mano perchè non gridasse, pazza. L’altro figliolo voleva difenderla col suo corpo, stralunato, quasi avesse avuto cento mani, afferrando