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pane nero 169

Però ogni giorno nell’ora in cui passava quello delle rane, non mancava mai di affacciarsi all’uscio, col fuso in mano. Il Tomo appena tornava dal fiume, gira e rigira pel paese, era sempre in volta per quelle parti, colla sua resta di rane in mano, strillando: — Pesci-cantanti! pesci-cantanti! — come se i poveretti di quelle straducce potessero comperare dei pesci-cantanti!

— E’ devono essere buoni pei malati! — diceva la Lucia che si struggeva di mettersi a contrattare col Tomo. Ma la mamma non voleva che spendessero per lei.

Il Tomo, vedendo che Lucia lo guardava di soppiatto, col mento sul seno, rallentava il passo dinanzi all’uscio, e la domenica si faceva animo ad accostarsi un poco più, sino a mettersi a sedere sullo scalino del ballatoio accanto, colle mani penzoloni fra le cosce; e raccontava nel crocchio come si facesse a pescare le rane, che ci voleva una malizia del diavolo. Egli era malizioso peggio di un asino rosso, Pino il Tomo, e aspettava che le comari se ne andassero per dire alla gnà