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pane nero 165

poveretta, e le andava chiacchierando, colla voce rotta dalla salita, di quel che si avrebbe fatto, se il Signore benediceva i seminati fino all’ultimo. Ora non avevano più a discorrere dei capelli rossi, s’erano belli o brutti, e di altre sciocchezze. E quando il maggio traditore venne a rubare tutte le fatiche e le speranze dell’annata, colle sue nebbie, marito e moglie, seduti un’altra volta sul ciglione a guardare il campo che ingialliva a vista d’occhio, come un malato che se ne va all’altro mondo, non dicevano una parola sola, coi gomiti sui ginocchi, e gli occhi impietriti nella faccia pallida.

— Questo è il castigo di Dio! — borbottava Santo. — La buon’anima di mio padre me l’aveva detto!

E nella casuccia del povero penetrava il malumore della stradicciuola nera e fangosa. Marito e moglie si voltavano le spalle ingrugnati, litigavano ogni volta che la Rossa domandava i danari per la spesa, e se il marito tornava a casa tardi, o se non c’era legna per l’inverno, o se la moglie diventava