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fortune di mia sorella, per aver tenuto in guardia quella vite; non è vero, Brigita? Basta: la vite ha portato frutto, e il bel primo grappolo mi prendo la libertà di presentarlo a loro illustrissimi.»
Qui, levandone i pampani sovrapposti, discoperse un paniere di pesche fragranti, sormontate da dorata moscadella.
— Abbiam tutto per ricevuto,» risposero i signori: poi donn’Emilia si trasse di capo uno spillone d’oro, che le dame portavano infisso nel volume delle treccie, come d’argento l’usano tutt’ora le contadine; la contessa madre si sciolse uno smaniglio d’oro a filagrana; don Alessandro spiccò dalla giubba una dozzina di massicci bottoni d’argento (allora giudicavasi più decoroso il regalare così che non con denaro), e diedero ogni cosa alla Brigita, che fu un bel presente. Don Alessandro poi, voltosi a Cipriano e battendogli sulle spalle con quel fare d’amichevole protezione che i signori, senza derogare alla dignità, possono concedere ad esseri tanto a loro inferiori, — E tu (gli disse) possa tu non aver mai occasioni che giuste di metter fuori il tuo coltellaccio.
— Oh per questo (replicava Cipriano, che non toccava coi piedi in terra al vedersi, là in faccia a tutto un mondo, trattato con tanta bontà da un nobile), oh per questo, illustrissimo, la stia sicuro. Perchè, non c’è risposta, noi Brianzuoli siamo fatti così: somigliamo ai cani da pastore; fedeli sempre quieti, da bene finchè si lasciano stare; ma vien l’occasione? arruffano il pelo, cacciano fuori tanto d’occhi, e non temono affrontarsi, fosse bene coll’orso».