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mente lo desolasse. Non cessava dunque di gridare: — Avanti, avanti, figliuoli».
E questi poggiavano verso Barzago, ingrossando più sempre come un torrente in suo cammino, perchè non le donne, non i vecchi, non i fanciulli rimasero in casa: e come, allorchè fu ucciso il lupo di cui tutti tremavano, tutti accorrono a vederlo, a toccarlo, così facevasi là intorno una pressa, un sospingersi, un narrare, un minacciare. Giunti alla forca, la quale sorgeva, non inoperosa, sulla spianata del castello, a furia la distrussero, perchè era costume (allora) de’ sollevati d’abbattere ciò che loro dispiaceva del reggimento precedente, per dare al successivo la fatica di rifabbricarlo.
Nel castello era già prima entrato il guardacaccia cogli altri: ove raccoltisi intorno i famigli, annunziata la fine del padrone, e parte colle buone, parte colle brusche trattili dal suo parere, si accingeva a frugare la casa per trovare il denaro. Ben presto però intende da prima un sordo mormorio lontano, poi alte grida farsi più e più vicine; infine i villani tutti che ormai giungevano alla cima urlando, — Evviva! al castello! abbasso le torri! viva noi, morte ai padroni».
Un popolo, non fosse che il popolo di Barzago, non fosse armato che di ciottoli e di bastoni, mette paura a musi troppo più bravi che i bravi di don Alfonso. I quali, trovandosi circondati, nè vedendo a che la cosa riuscirebbe, ma persuasi che l’audacia raddoppia gli uomini, levarono il ponte, calarono le saracinesche, poi affacciati tra i merli spianando i fucili, intimarono — Indietro marmaglia».
E la marmaglia, che non se l’era aspettato, dava