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peto; sì perchè disprezzava un giovane, non ancor avvezzo ad affrontare la morte, i cui riguardi stessi interpretava per vigliaccheria. Anche a don Alessandro parve gli tornerebbe ormai a biasimo il ricusarsi: finì di determinarlo l’ultima frase, ove sonava una di quelle verità, che suo malgrado sfuggono all’uomo nella foga della passione. Onde balzar di cavallo, impugnare uno stilo abbindolato all’arcione, e mettersi in attitudine, fu un lampo. Altrettanto avea fatto il nemico: ma quel furore non gl’impedì che, nel brandire il pugnale, ne accostasse alla bocca il pome, imprimendovi colle labbra convulse un bacio sul nome di Maria, che v’era niellato: indi si venne ai fatti.
Al primo vederli così inaspettatamente alle contese, le donne si misero fra loro, procurando attutirli: ma vista vana ogni opera, si raccolsero a tabernacolo, e quivi gettatesi ginocchioni, avvicendavano preghiere. L’occhio però, che alzavano supplichevole a quella che andavano chiamando cara Madonna, volgevasi ogni tratto per fermarsi sui due pugnali, terribile arma, che di sopra al capo dei due combattenti sfavillavano d’un lampo ferale. In entrambe le donne un solo era il voto, ma mentre la villana restava quasi fuor di sè ad uno spettacolo tanto insolito, sul volto di donn’Emilia poteva, insieme all’angustia, notarsi una certa compiacenza al vedere il suo Alessandro mostrar coraggio e generosità, doti che sempre riescono gradite ad una dama, tanto più se le scorge in colui che è suo.
Il sèguito del feudatario erasi rannodato da una parte; rimpetto si erano collocati i bravi del Sir-