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un suono di corni, uno squittire e scodinzolore di bracchi e di segugi, si avvia.

Stavano in quella discorrendola il signor curato e il sindaco del paese; l’uno in nicchio a tre venti e spolverina, l’altro in maniche di camicia e gambe nude. Di quest’ultimo parmi avere già toccato; lo altro, don Amadio, passava per un dei valenti se ce n’era là intorno, famoso per gran pratica dei quaderni teologici e de’ casisti, e per una salva di testi che aveva sempre alla bocca. Nelle congregazioni plebane, ove, secondo i decreti del Concilio di Trento, osservati perchè ancor recenti, accoglievasi spesso il clero per decidere casi di coscienza, don Amadio era sempre lui che dava il tratto alla bilancia; e dopo aver lasciato un poco diguazzarsi i reverendi suoi confratelli pel sì e pel no, egli buttava fuori il suo oracolo, che troncando il nodo, li metteva tutti bravamente in sacco. Pel suo credito era stato anche fatto vicario foraneo, dignità di qualche conto allora, quando le curie emanavano da sè decreti ed encicliche, senza bisogno del regio visto; e tenevano tribunali, giudizj, prigioni. Vero è bene che il nostro curato non voleva sciuparsi con troppe brighe che lo distraessero dai prediletti suoi studj: e men voglioso di fare che di lasciar fare, anche nella parrocchia, dopo che le domeniche aveva pascolato le sue pecorelle con prediconi, distesi secondo tutti i precetti della retorica che era il suo forte, lasciava poi ad esse la cura di metterne in pratica gl’insegnamenti; se nol facevano, colpa loro; la sua coscienza era tranquillata. Uomo specchiato del resto, riverente ai signori, e sopra-