Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
35 |
Prima dell’alba fu in piedi, e comandato che tutto fosse lesto per la caccia, si rinchiuse nella propria camera; rimossa la tapezzeria, che mascherava un usciuolo a fior di muro, lo aperse; entrò in un gabinetto, e trattasi di seno una piccola chiave, fece con quella scattare un luchetto che teneva il catenaccio d’una ribalta ferrata; aprì questa, e con attenzione causando la soglia, fattosi qualche passo innanzi, gettò dentro un pane, che risonò sopra un pavimento profondo, e gridò giù: — Te’ miserabile. Oggi ti darò compagnia».
Ribattè la bottola, inanellò il paletto, tese ancora il parato e venuto in camera, gettossi sopra un inginocchiatojo, che stava nel vicoletto del letto, e fra il crocefisso e la piletta dell’acqua santa alzò il raso nero che velava un teschio posato sopra un bacile d’argento, e fissatolo un tratto come uomo meditabondo, cavò dal petto il medaglione d’oro, paterna memoria, che portava sospeso ad una catenella, ove era infilata insieme la chiavetta testè adoperata. Baciò l’effigie scolpita sulla medaglia, e recatasela fra le mani giunte così pregò.
— Beata vergine patrona mia! se mai esaudiste le preghiere di me povero peccatore, oggi ascoltatemi benigna. Datemi grazia di far buona caccia, sicchè io renda giustizia al mio progenitore, e liberi la promessa data al moribondo mio padre. Pur troppo mi posso rimproverare d’aver recato offese a voi ed al vostro divin Figliuolo. Ma se oggi mi propiziate quel Dio che punisce la colpa dei padri fino alla terza generazione, voglio rimettermi a vita esemplare; se fui sempre divoto al vostro nome diverrò più ancora, e comincerò l’emendazione mia