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sfatto; è riverito da tutti; tutti s’onorano d’averlo per amico, per compare; come primo estimato, detta la legge ne’ convocati del suo comune. Facciamo onore al vero; egli non abusò mai di tale fortuna. Alla signora sua fa tutti i punti d’oro: pe’ figliuoli è tutto cuore; nè, come troppo di questi di nuovo schiusa, sta alto cogli inferiori, anzi a tempo e luogo sa esclamare, — Eh! neppur noi non siamo sempre stati quel che siamo adesso.

Alla piccola ed afosa stamberga dove Piero sbracciasi al telajo tutto il santo giorno per assicurare quel po’ di minestra ai ragazzi, che come canne d’organo gli crescono d’intorno, si vede arrestarsi talvolta una bella carrozza sulle molle, con una pariglia di sbuffanti puledri, un cocchiere avanti, un servitore dietro, tutti in filo come signori. Allora là dentro è un tafferuglio: — È qui Peppo — è qui il signor zio Giuseppe». La donna staccasi dalla poppa l’ultimo bambino, e lesta lesta corre a lavare le faccio impappolate, ravviare i capelli, e rovesciare il grembiulino agli altri, che battono le mani, fan tanto d’occhi, e si rizzano sulle punte dei piedi; poi slanciansi alla carrozza fermata.

Piero che, goduta quella poca scodella di minestra, ancora col boccone in bocca s’era rimesso al lavoro, balza fuori del telajo, si mette addosso, accorre e, cavandosi di capo, riverisce la signora cognata: sua moglie presenta il bambino in fasce, mentre i più grandicelli, un dopo l’altro, si arrampicano sul predellino della carrozza per baciar la mano al signor zio, alla signora zia. Questi, seduti come in trono, gli accolgono, li salutano, li carezzano, tutti cortesia, tutti umanità; e prima di vol-