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in atto di scontenta, dimenando il capo, e mettendo un profondo sospiro, se ne ritraeva per dire al vecchio, impensierito anch’egli: — Nol si vede ancora». Poi un momento tornava ad affacciarsi appresso, a guardare, a scuotere il capo, e sospirare.

Finalmente una volta mette uno strillo di consolazione, batte palma a palma, e tripudiando: — È qui, è lui!» e porgendo la mano al vecchio, che parso le sarebbe lento a seguirla quand’anche avesse avuto l’ale, s’avvia incontro a Giulio che ritorna.

— O figliuol mio! — cugino mio!» esclamarono il vecchio e la fanciulla, appena gli si furono avvicinati: ed il padre si gettò al collo di esso, stringendolo, carrezzandolo. — Quanto aspettarti, mio Giulio! Quanto invocarti! Due anni interi! Ah! ma è finito: ora non ti partir più da noi, no, più: rimani con noi a consolare i vecchi miei giorni. Anche la Felicia, oh come ti desiderò!» E additava la fanciulla, che, fatta ancor più bella dall’esuberanza del contento, coll’una mano stringeva la destra del cugino, coll’altra gli si appoggiava alla spalla, e sebbene la presenza dello zio la rattenesse dal tutta mostrargli la vivezza del suo affetto, gliene dava però segno fissandolo con due occhi ove imperlavasi la stilla della consolazione, che tratto tratto scendeva silenziosa per la guancia imporporata.

Giulio però a quelle carezze rimaneva quasi trasognato: ingegnavasi di ricambiar tanto amore, ma l’occhio suo si fissava incantato; scontrafatti aveva i lineamenti; l’abito scomposto e insudiciato;