Pagina:Novelle lombarde.djvu/305


289

Questi si trovò allora in un bel imbarazzo. Il processo era stato fatto in tutte le regole; in tutte le forme data la sentenza; e poi, si sa, a ciascuno piace esercitare la propria abilità. Perciò sulle prime egli procurò di buttar per matta la ragazza, e che intanto la condanna si eseguisse; ma poi, sentendo il gridio della gente, e massime le ragioni del signor curato, ordinò che si sospendesse l’esecuzione. E udendo il boja star di mal umore per aver fatto il viaggio per niente, gli disse: — Colpa tua, dovevi sbrigarti più lesto».

Intanto la ragazza, e non fu bisogno di corda, spiattellò di punto in punto tutta la storia, dalla morte di Sandro in avanti: visitata la casa, si trovarono i panni sanguinati, si trovò il coltello. Figuratevi che dire ne fu per il paese! Vi basti che fino il giudice pareva quasi averle compassione, e diceva che, quanto a lui, non gli sarebbe importato niente anche a salvarla. Ma il bianco sul nero c’è per qualche cosa, e la legge canta: Chi ammazza muoja.

Il marito della Bia lo tennero un poco in prigione per aver deposto il falso in giudizio, poi lo mandarono all’ospedale a guarir delle storpiature; ed il boja tornò a consolarsi, perchè il giuoco che doveva fare all’uomo lo fece all’Agnese.

Povera ragazza!» esclamano le fanciulle asciugandosi gli occhi.

— Povero suo padre!» esclama un vecchio; e si fa attorno un silenzio meditabondo. Questo silenzio pare a comar Giuditta il miglior elogio che possa farsi al suo racconto, e però, dopo un pezzetto, ripiglia: — Guarda mo! quell’acqua queta, quella