Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
288 |
Di fatto confessò che era stato lui ad ammazzare sua moglie, perchè n’era sazio, perchè rantolava sempre, perchè voleva torne un’altra; in somma tutto quello che il signor giudice gli suggerì. Questi, contento della buona uscita del suo processo, buttò fuori la sua brava sentenza, con qualmente il reo fosse scopato e poi impiccato; e andò a desinare.
La giustizia, cioè il boja, venne subito da Milano, con un carro a tiro a due, e suvvi ceppo, ruote, corde, tanaglie, un arsenale di roba da mestiero; e, a vedere e non vedere, ebbe piantata la forca sulla piazza. Al domani tutto il paese, tutto il vicinato corsero in folla per vedere castigare lo scellerato uccisore di sua moglie; e il boja, trattolo fuori di prigione, cominciava a scoparlo. Quand’ecco accorrere una ragazza scarmigliata, ansante, pallida, contrafatta, sfondando la folla gridando come una indemoniata:
— È innocente; non ne sa nulla».
Tutti ravvisarono subito l’Agnese, e cominciò a levarsi un bisbiglio: perchè, sebbene l’uomo della Bia si trovasse sempre aver bevuto davvantaggio, non si sapeva che avesse mai torto un cappello a nessuno; onde molti avevano penato a crederlo capace di tanto eccesso prima che il signor giudice avesse proferita la sentenza. Proferita questa, fa un altro cantare, perchè la sarebbe grossa che avesse a sbagliare il giudice; e quando una cosa passò in giudicato, non se ne deve più dubitare.
Ma allora, udendo le parole dell’Agnese, cominciarono alzar la voce, e corsero dal signor giudice, e gli raccontarono l’occorrente.