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dei gabinetti, succedersi governi a governi, sperò lunga pezza che altri padroni caccerebbero questi e tornerebbe il tempo d’esercitare micidiali rappresaglie a suon di trombe e a vessilli spiegati, il che fra i cristiani chiamavasi vendicarsi nobilmente.

Ma gli Spagnuoli si erano qui seduti per non levarsi che dopo un secolo e mezzo, e conservavano un ordine, qualunque si fosse. All’Isacchi parve allora più prudente consiglio l’amicarsi i nuovi dominatori, come ottenne col militare sotto le bandiere degli Spagnuoli, quando con torrenti di sangue procuravano spegnere nelle Fiandre le dissensioni religiose, ed al contrario vi fecondavano il germoglio della libertà. Giovandosi poi delle strettezze di quel governo, che, padrone delle miniere americane, pativa continua necessità di denaro, comperò in feudo per cinquantamila ducati il comune di Barzago, dove erano le sue possession avite, col diritto d’imporre tasse, imprigionare, torturare, appiccare, e tutto quello che chiamasi far giustizia.

E poichè la minacciosa fiacchezza delle leggi di allora lasciava il modo di sostituire alle spade i pugnali, al clamoroso attacco le insidie, alle sfide il veleno, colse egli ogni occasione di nuocere ai signori di Sirtori, e quanto gli bastò la vita, gravi danni ad essa recò; non però tanti che satollassero l’odio e la rabbia mortale che loro portava.

Trasmise adunque l’omicida voglia al figliuol suo Alfonso. Non appena fu questi tornato dalla Corte di Madrid, ove l’educazione ricevuta in uno de’ più rinomati collegi gesuitici aveva pefezionata vivendo secondo il costume dei nobili, come paggio fra gli