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si coglieva. Caspita! non erano state le loro preghiere che l’aveano salvata dalle brine e dalla gragnuola? Ma non si portava mai al convento una coppia di polli o qualche stajo di grano, che non ci ricambiassero or coll’insalata, or con le carote... Che sgrigno è cotesto? Chiaccherina! porta rispetto chè di fame allora non moriva nessuno, e il Signore faceva andare sempre co’ fiocchi la campagna: il melgone si comprava a otto lire il moggio, e la gente non era così spessa. E quando d’un figliuolo non si sapea che cosa farne, c’era dove collocarlo: e se il marito o la suocera ci facevano mandar giù degli stranguglioni, si aveva dove andar a vuotare il sacco e chiedere un parere.

— Voi non dite male, no Simona»: così la Teresa. «E vorrà forse essere per altro, ma quest’è un fatto che allora non si pativa di tante malsanìe. Confessate in verità vostra: vi ricorda che, da qui indietro, si parlasse tanto di catarri, di reumi, di tutti questi acciacchi che ora non si dice altro?»

— Quanto a questo», rompe il ghiaccio la Betta, che di tutte è la più sufficiente; «ho sentito io soggetti che la sanno lunga, assicurare che la causa n’è l’innesto del vajuolo vaccino. Non parliamone nè anche di quello scandalo d’innestare una bestia, e una bestia di quella fatta, sopra i ragazzi e peggio sulle bambine, che è forse per questo che non hanno ancora gli occhi rasciutti, e già le pajono così maliziose. È bensì vero che molti morivano, molti rimanevano conci nemmeno da vedere; però era uno spurgo necessario come tant’altri, e dopo si campava sani come acciajo. Ora hanno voluto andare contro a quello che veniva di lassù non so che dire: tal sia di loro».