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Di tutto ciò si potrebbero facilmente trovar esempj anche in Italia, ma non ho tempo di sfogliare volumi; e gli autori del Costume antico e moderno si contentarono anche su questo punto di raccogliere ciò che era più triviale e più inutile, e allungarlo per riempire pagine.

Milano amò sempre i divertimenti, e fin nel XII secolo trovo fatta menzione di «istrioni che cantavano, come ora si canta di Rolando e di Oliviero: finito il canto, buffoni e mimi toccavano la ghitarra, e con decente moto del corpo aggiravansi» (Ant. Ital. medii ævi, diss. XXIX).

Spesso ancora fra l’anno i giovani uscivano alle gualdane a cavallo, menando una specie di trionfo per la città. Anche più tardi si usò far mascherate, non pure di carnevale, ma altresì in occasione di feste, vittorie, arrivi, o nascite di principi, cangiamenti di padroni; occasioni sempre di feste e di speranze pel volgo, o non pel solo volgo. Cesare Negri, detto Trombone, famosissimo ballerino e schermidore milanese nel 1600, descrisse molti balli e mascherate con cui i nostri padri dimenticavano le fiacche miserie d’allora; come noi figli dimentichiamo..... Ma zitto, e tocchiamo via a dire che il Trombone, fra altre, descrive la mascherata che uscì il 26 giugno 1574 in onore di don Giovanni d’Austria, il famoso bastardo, vincitore dei Turchi a Lépanto. Prima venivano cinque trombetti vestiti all’antica, poi un dio Pane, indi le figure allegoriche del Pensiero, del Sospetto, dell’Ardimento, della Repulsa, del Desiderio, della Sollecitudine, della Speranza, della Paura, della Gelosia, e via là; che certo voi sarete curiosi di sapere co-