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è usato in Albozagia, Comune vicino di Sondrio. Quando la stagione corra pericolosamente asciutta, prendono un teschio da un ossario venerato, e lo sommergono in un rigagno, finchè la pioggia desiderata non arrivi. Poichè il rimedio si fa nei casi estremi, di rado l’acqua implorata si lascia aspettare. Vada per la profanazione che dei teschi si fa nella metropoli lombarda, inserendovi nelle occhiaje i polizzini del lotto per trarne augurj.
Di siffatte costumanze antiche più conservò la Valtellina, come quella che meno cangiò dominazioni e, più appartata dal resto d’Italia, è meno sdrucciolevole alle varianze. Colà la prima domenica di quarezima bruciansi numerosi falò, e in mezzo a quelli un rozzo fantoccio, che deve figurare il carneval vecchio. Poi al sabato santo sui campelli (così chiamano il sagrato delle chiese) adunano grandi stipe, le allumano col fuoco nuovo, acceso secondo il rito dal sacerdote; vi fanno gavazze intorno, e ogni famiglia manda a prenderne un caldanino o un tizzo per ridestare il focolajo in casa, lo che si ha per una maniera di devozione. Sacro era anticamente quest’uso, quando si traevano fin da Terrasanta le pietre focaje con cui destar la nuova scintilla; e Firenze e la famiglia Pazzi lo sanno.
Con altre celie ivi si spassano e burlano gli amici; come mandar uno in aprile il giorno di quel mese col pregarlo di recar qualcosa a taluno, o chiamarlo fuori di casa e poi dargli la baja; e così fargli tagliare un nastro o un filo o una carta in quel giorno di mezza quaresima, che i Bresciani (tra altri) festeggiano con un mezzo carnevale, e Parigi con un carnevale intero, più pazzo e più osceno.