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— Ah maligna! ah vipera!» esclamava colui assaettato. «Lo so: ella va dai parenti suoi a far una scena, a svesciare quel che è sucesso. Va dal curato a farmi chiamare.... Aspetta a me! se mi fa questo, in fede mia, la fiacco di mazzate».

E a stento contenendosi, grullo grullo la séguita di lontan via. La vede passare da casa sua, e non entrarvi; passar dalla casa parrocchiale, e non entrarvi.

— Dove diamine va?»

Quattro passi fuor del villaggio sta un oratorio della Madonna addolorata, riverita con gran divozione dai paesani, e che impetra tante grazie a chi la prega di cuore.

Verso quella si volse la Laurina; e come fu presso, si coperse il capo col fazzoletto, entrò, si fece sino alle balaustre, s’inginocchiò e pregò. Tita sulle orme di lei era giunto anch’esso; poi come vide ove capitava, il suo mal genio gli diceva: — Dà di volta, torna all’osteria, che t’aspettano a finir la partita»; ma l’angelo buono gli suggeriva: — Entra tu pure in chiesa: osservala: prega anche tu».

A questo diede ascolto: e v’entrò. Non c’era anima, essendo sulla sera e buiccio: vide la tribolata, col volto ascoso nel fazzoletto e curvo sulle mani giunte. Che piangesse ne davano segno i singhiozzi, che tratto tratto la scotevano: tratto tratto ancora si udivano alcune voci che pronunziava più forti, non credendosi ascoltata: — Cara Madonna dei dolori; datemi pazienza! — Non vogliate castigarlo: non sa quello che si faccia. — Perdonategli come gli perdono io. — Toccategli il cuore: