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il diavolo che fosse lì poco lontano quella schiuma del guardacaccia. Gridando corpo e sangue, ci corse dietro; ma sì! guarda la gamba. Non ci ha conosciuti, e dovette contentarsi di urlarmi dietro,

— Non dubitare che verrà il tuo sabato».

— Quando la cosa sta come la conti» diceva la donna «fa bisogno di mettersi in paura? Se alcuno te ne parla, si dice: Gnorno; non sono mica stato io, si dice: l’è stato il tal dei tali, e buona notte.»

— Che? come?» saltava su il giovane inalberandosi, «Io accusar il mio camerata per salvar me? Da che mondo è mondo non s’è ancora inteso che un Brianzuolo n’abbia fatto di cotesto. Ed io voglio portare il mio cappello fuor degli occhi, io; mi capite?»

E mentre il padre sentenziava novamente che non potea dargli torto, egli seguitava brontolando fra i denti, sinchè riprendeva: — È però della maledetta! L’Orso di Barzago, perchè è lui, ogni po’ di bizzarrìa che gli monti, a far battere noi poveri villani ed anche peggio, l’ha come bever un uovo; e per noi ha da esser peccato mortale se ammazziamo uno straccio di lepratto che ci fa del male. Che? non siamo cristiani ancora noi? non ci ha fatti anche noi il Signore? E la sua santa legge v’è solamente per i pitocchi? Sì, che Domenedio avrà paura di lui perchè è l’Orso.

— Oh per amor del cielo!» l’interrompeva la donna: «parla con rispetto di lui. Non vedi quanto male ci potrebbe fare? Eppure ci lascia vivere. Chi poi lo dice così cattivo sono male lingue: e guarda mo’ con che devozione sta in chiesa: ed ogni sabato non fa accendere la lampada alla Madonnina d’Imbevera? e....»