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Il domani, all’ora stessa, egli è allo stesso posto: ed ancora saluti, e ancora gli do a bere, e le parole sono un poco più, e un po’ più il terzo giorno. Che serve? torna oggi, torna domani, presi a lui un bene che passava il segno, ed egli a me. Era così bello, ed io così giovane, e non avevo mai saputo che fosse amore! D’altra parte, povero Mommolo, era tanto buono; tanto più buono quanto che, chi lo vedesse in quella compagnia ed armato come un san Giorgio, era d’avviso di trovare in lui il più bizzarro bravaccio.
Secondo quel che mi contò, venuto in età di soldato, aveva egli sortito un punto così alto, che se ne teneva sicuro. Ma un signore del suo paese, uno di quelli che, fin dal tempo della Serenissima, eransi avezzi a fare alto e basso nel contorno, e dare il malanno a chi fiatasse, aveva da molto tempo tolto a urto la famiglia di Mommolo. Pezzo grosso e grand’amico del prefetto, colui raggirò la cosa in modo che, scartandosi gli altri, era stato chiamato Mommolo al servizio. — Io come io, (diceva Mommolo) se mi fosse toccato in buona giustizia di fare il soldato, andavano tanti altri, sarei andato anch’io. Alle fatiche ho fatto l’osso; la paura non so dove stia di casa; chi sa che non potessi farmi onore, e tornar in patria, come n’ho veduti tanti, con un bel grado e la decorazione? Ma dare il gusto a colui d’averla spuntata, non ho proprio voluto; e preferii di farmi uomo di macchia con costoro. Ma del male non ne fo, sapete, Menica. Procuro anche tenermi lontano dagli altri il più che posso, perchè alla fine c’è dentro d’ogni razza paglia. Quando il nostro capitano mi comanda, non me lo