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torobio, ove le riposi in un capannotto: vi stessero finchè passava quella scroscia; al vivere ci pensava io; le nottolate le facevo in sentinella.
Intanto il paese era venuto pieno di coloro, e cominciavano a farne delle sue.... ma è più bello dimenticarle.
Che brutta cosa è la guerra! Ma lei, signorino, che sa di lettere; dica mo, non si potrebbe farne di manco della guerra? E accomodarsi come noi villani accomodiamo le nostre baruffe, dando un colpo al cerchio, uno alla botte, senza venire alle coltella? E quei che sono causa di tanti mali, può far Dio che godano pace, e che intendano salvar l’anima?»
Impacciato io gli rispondeva:
— Voi vedete che la facevano con buona intenzione, per tornare il paese in quiete e in bene».
Carlandrea s’attese un poco, poi tentennando il capo ripigliò:
— Appunto come se io, vedendo che il mio vicino sciupa il suo, gli entrassi in casa, e dessi mazzate su quel che rimase di buono, e appoggiandone a lui delle sonore, gli rompessi le braccia perchè non potessi più far del male».
Io non potei non sorridere; ma quando l’informai che v’erano libri che trattavano dei diritti e dei modi da tenersi nel far la guerra, mi guardò con una ciera incredula, e soggiunse:
— Probabilmente avranno per testo, quinto non ammazzare».
Io m’accorsi che l’uomo era troppo vecchio, o forse troppo nuovo di sì fatte materie, sicchè si potesse sperare di vincerlo coi grandi argomenti