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— V’apponete» replicò egli. «Lo so ben io che oggi si ama il terribile, che lo vogliono i lettori, che lo profondono gli scrittori. E davvero, quand’io vedo gli uomini, singolarmente voi giovani, disgustati della società, voltarvi a dipingerla tanto peggiore di quel che, grazie a Dio, non sia, vi compatisco siccome un bambino che, lacerato da intestini dolori, morde il seno che lo allatta. Se questa mia fosse una novella, qual colpo felice di scena il mostrare la signora che li lascia sposare e andarsene: poi, quando sbarcano alla casa dei loro contenti, al primo bacio d’amore dato e non reso ancora, una mano ignota trafigge a morte lo sposo. Ovvero nel banchetto ella mesce il veleno a tutt’e due, che spirano fra orribili contorcimenti, e pronunziando le più nuove ed affettuose parole. Ma il mio racconto è vero, quale almeno l’ho raccolto da un vecchio, che lo tenea da suo padre, e questi dal suo, e così fino a coloro che vivevano allorquando il fatto successe.

Adunque seguitando vi dirò che, come i due sposi rimasero soli, il cavaliero s’adoperò a confortare la bella, a interrogarla; ma senza poterne altro ritrarre che gemiti, che esclamazioni: — Oh mio padre, oh padre mio! — deh partite — soccorretelo. — Ah! sono infelice per sempre».

Le nozze furono differite; gli abiti festivi surrogati da più dimessi; e tutto il tempo a piangere e sospirare. Il cielo pareva accordarsi colla tristezza dell’Estella; poichè erasi messa violenta tempesta sul lago, i venti s’attraversavano a turbo; pioggia a rovesci e lampi e tuoni, che misera la nave côlta nel mezzo delle acque! Mille consigli passavano per