quel luogo, e là cogliesse la polvere che su quelle foglie troverebbe, e di quella facesse poi dar mangiare nelle vivande alla dama: e come furon partiti l’uno dall’altro, lo scrittore tornò, e su quelle foglie messe certa polvere odorifera e partissi. Il cameriere la mattina seguente all’ora ordinata tornò in quel luogo, e levò dalle foglie quella polvere, e pensò che la notte dal cielo vi fosse caduta, e per un suo servitore la mandò alla servente della dama acciò gliene mescolasse nella vivanda. Lo scrittore come intese questo andò dalla vedova, e la pregò che la sera quando il cameriere vi passava gli facesse buona cera, e l’altro giorno mandasse ad invitarlo a cena; tanto che seguendo questa cosa, il cameriere giudicò che quella polvere fosse mirabile. La vedova era fina, e non lo compiaceva però d’altro che di parole e d’accoglienze e di piacevolezze; ma ad esso bastava questo, e gli pareva d’essere il più felice innamorato di Roma; e pensando alla virtù di quella polvere, ed ancorchè fosse cameriere del Papa non parendogli esser favorito a modo suo, ringraziò un giorno lo scrittore del servizio gli aveva fatto, e gli conferì quanto fosse in grazia della dama, e lo domandò se quella polvere opererebbe così in un uomo come avea fatto nella sua