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materia sia infima e bassa, niente dimeno considerato da quali notabili recitatori e di quanta degnità sia stata raconta e gratamente udita, non mi stimai essere fuori del proposito mio alla tua magnificenza dare di tale materia qualche notitia, stimando che colla tua solita benignità da te almeno ascoltata o letta sarà. Et con tale fidanza alla discrizione di quella vengo.

Fu a’ dì nostri uno non molto venerando sacierdote, el cui nome mi pare da tacere per non diminuire di degnità alla nobile schiatta di cui nacque. Questo da’ consorti suoi che per loro virtù e degli antichi loro erano abondanti di molti padronaggi di chiese, fu fatto piovano di una pieve di loro padronato non molto lontana dalla nostra ciptà. El quale quantunque fussi eziandio canonico del nostro duomo, nientedimeno perchè lo ingiegnio suo non era da civile conversatione, el più del tempo si stava alla sua pieve; dove fra l’altre sue pratiche, teneva stretta amistanza con una sua vicina chiamata Mona Tessa, donna barbiera quanto alcuna di suo paese, la quale egli più volte avea richiesta di ruffianeggi, e lei gli avea promesse cose assai sanza volerne fare alcuna. Ma sotto queste promesse acattando da lui quando venti soldi e quando trenta, e quando uno staio di grano e quando uno altro, gli avea tratto