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delle quali non uscirete, se prima me dell’ardentissimo mio desiderio non farete contento. Quanto meglio v’era, misera voi, l’avermi dell’amor vostro fatto grazia, ch’io ve n’avrei perpetua obbligazione, laonde avendovi io qui condotta coll’avvedimento mio, di voi pigliando quel piacere che già tanto tempo ho desiderato e meritato, e che tante volte cogli occhi, cogli atti e cenni vostri mi prometteste, non a voi, ma a me stesso, e alla mia buona sorte per sempre sarò tenuto. Infelice voi e ben veramente infelice e misera: chi vi forzava che fingeste d’amarmi non amandomi? a che fine usaste tante arti, tante finzioni? che pensiero vi venne di mettere l’onor vostro ed il mio in pericolo delle malvagie lingue? che piacere è stato il vostro nel vedermi languire per voi sedici mesi continui? che ingiuria riceveste voi mai da me per la quale io abbia meritato tanti affanni quanti dati mi avete? che utile avete voi avuto del mio tormento che per pigliarvi spasso di me, misero! vedendomi struggere come la neve al sole col vostro vilissimo mulazzo; mostrandogli le lettere le quali con arte mi traeste dalle mani, non ad altro fine che per fargli piena