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prologo. 81


e per togliersi dalle rime consuetudinarie hanno stimato, come Quintiliano, che tutte le parole sian dette bene al loro luogo ed hanno cercato appunto quei luoghi dove i conservatori non osavano mettere le parole ed i sentimenti veri giusto per far vedere più chiaramente la loro intenzione. Furono chiamati veristi solo per questo, che usavano la parola propria dove gli altri usavano la metafora, ed accennavano al sentimento vero dove gli altri velavano il proprio. Ma può essere una scuola questa? Se c’è chi ha cantato un’osteria colle parole necessarie a dipingerla, chiamando litro e non nappo il recipiente che si usa più spesso, direte che si è messo in una scuola piuttosto che in un’altra? Potete nell’abito dell’arte trovare che il quadro è mal dipinto: potete nel calcolo delle intenzioni deplorare che si frequentino e si cantino le osterie dove il vino è buono, ma non potete dire che quell’opera sia brutta perchè c’entra una osteria. Allora dove mi ficcate i pittori fiamminghi?


Stecchetti 6