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gran quadro del Prussino esprimente il medesimo subbietto. Ma Iddio mel perdoni, a me sembra fuori possibilità di dubbio la immensa superiorità della composizione dell’umile dipintor figulino degli Abruzzi sopra quella del famoso artista francese. Il quale ha messo un lungo arcato ponte sul Nilo, che giammai fu ne tollerasse il peso, ha messo sulla sponda del fiume e prossima al ponte una piramide, che non vi fu mai, ha messo il Nilo personificato con la corona di alga, e col cornacopia, mescolando la inutile allegoria alla storia, ed ha poi messa tanta quieta alterigia, e poco men che indifferenza nella positura e nel volto della Principessa, che vi par proprio ch’ella comandi l’annegamento, megli che provvegga alla salvazione del bambino. Non è mia colpa, ma della pochezza del mio ingegno, se il gran nome del Pittor francese non vale a frenare il mio giudizio: ma lo amor sincero e ragionato che io porto al magnifico lavoro del mio buon pittore abruzzese, fa in me tacere ogni tema di biasimo per troppo avventato giudizio; e scrivo siccome internamente mi va dettando la impressione che in me desta la bell’opera del Gentile».1

Son rare le pitture segnate del suo nome, perchè mentre visse il padre, se ne astenne per rispetto di lui: ma si conoscono di leggieri per la bontà del dise-

  1. Intorno alle maioliche di Castelli, lettera al Comm. Quaranta, pag. 28 e 29. — Nap. 1856.

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