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sopra mentovati appaiono stonati, come giustamente avvisò il Sacchi, e con passaggi assai bruschi di tinte1.

Ma non bastava un’età sola, nè pochi ingegni a recare quest’arte difficilissima alla sua eccellenza: era pur necessaria la perseveranza de’ Castellani. I quali facendo tesoro de’ frutti delle lunghe e ripetute esperienze, che i padri insegnavano ai figli, giunsero a riporre la pittura in maiolica all’antica grandezza: anzi l’innalzarono ad altissima ed ultima cima, se vogliamo dar fede al Giustiniani, il quale francamente disse che «niuna nazione può vantare quest’arte come un tempo la seppero i nostri abruzzesi»2. E forse ben si appose questo valente uomo, dappoichè lasciando stare gli altri pregi delle maioliche di Castelli, è mirabile in esse la prospettiva aerea; la quale essendo stata quasi interamente trascurata da tutti coloro che diedero opera a dipingere in maiolica, fu dai nostri osservata con grande studio e diligenza. Siffatto pregio non isfuggì all’occhio finissimo del Frati, che notò esser questa una dote singolarmente propria degli artisti castellani3.

Il primo che, verso la fine del secolo XVII, adoperò con maestria i chiari e gli scuri, e che dipinse con grazia e morbidezza, si fu Carlantonio Grue; sicchè a buon dritto è tenuto come il restauratore della pittura in maiolica. Gli ammaestramenti e l’esempio del padre

  1. V. l’Album 1838 art. 31 dell’origine, progressi e stato attuale della pittura a smalto
  2. Giustiniani, op. cit.
  3. V. Descrizione del Museo Pasolini di Faenza, pag. 33.