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tra del 1610 rappresentante S. Marco che scrive l’evangelio. Ma in queste pitture, come in quelle di cui è piena la Chiesa di S. Donato (rizzata dalla pietà de’ Castellani nel 1615), altro non si ammira che lo sforzo degli artefici in ravvivare la loro arte. E non durarono invano tanta fatica; chè pochi anni appresso incominciarono a dipingere con più accuratezza; come si osserva in un mio quadretto dell’anno 1618, nel quale è ritratta S. Anna, la Madonna ed il Bambino. In esso si scorge l’artificio del pittore nel compartire i lumi e le ombre: il quale magistero d’arte vedesi via via più crescere nelle maioliche dipinte negli anni seguenti.
Chi pone ben mente alle molte e gravi difficoltà che si debbono vincere, non farà certo le maraviglie, che l’arte di dipingere sulla maiolica lentamente progredì nella nostra Castelli. E per verità in questo genere di pittura detta a ventiquattr’ore o a gran fuoco, oltre all’ostacolo della durezza de’ pennelli, e della poca varietà de’ colori, che allora si adoperavano; l’artista dev’essere franco e celere nel pennelleggiare, come quei che dipinge a fresco: nè deve rimanergli dubbio de’ contorni e delle proporzioni, poichè dovendo operare sullo smalto crudo, il colore viene tosto assorbito ed immedesimato con quello siffattamente, che non può a suo talento cancellare il già fatto. Oltre a questo, esser deve assai pratico non solo de’ colori, ma della varia azione del fuoco: il quale infievolendone alcuni, e dando ad altri maggior vivezza, distrugge il tono de’ medesimi. Da ciò forse avvenne, che i migliori dipinti de’ pittori
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