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parte prima 37

vrano, con rescritto del 7 giugno 1780, crebbe la rendita di 24 scudi, ordinando ai Ceppi di pagarla, mentre che il Cecchi non fosse di un altro benefizio provveduto. Ma il Cecchi, avendo inteso come Pietro Leopoldo pensasse a provvedere i parrochi miserabili, e come avesse dotato già alcune povere chiese, ch’erano di collazione del Capitolo, coll’entrate dell’antica propositura, a’ 16 di luglio 1782 supplicò, e la istanza raccomandò al concittadino Antonio Martini arcivescovo di Firenze. Il Granduca però decretava a’ 22 luglio dell’anno appresso: che sette fossero solamente le cure della città di Prato (cioè, la Cattedrale, Santa Maria delle Carceri, la Madonna del Giglio, San Domenico, San Donato, la Nunziata e Sant’Agostino); che il vescovo assegnasse loro un nuovo circondario; che tutte l’altre cure s’intendessero soppresse. Ma i provvedimenti ispirati dal Ricci poca vita ebbero, quando pur vennero messi in opera. La parrocchia di San Piero restò, e solo alla morte del Cecchi, avvenuta il 3 luglio del 1799, si trattò di dare esecuzione al decreto Leopoldino. E i popolani allora si rivolsero alla Municipalità; e quei governanti repubblicani sospesero la regia sentenza. Ma la chiesa e la canonica di San Piero si trovavano in un estremo squallore. Era in quel tempo di settantasette scudi la congrua, su i quali posavano vari obblighi da sodisfare, le spese del culto e il mantenimento del sacerdote. Allora il Capitolo deliberò, che sulla cappella di sant’Antonio abate si assegnassero quaranta scudi al parroco, fin tanto che o egli non fosse in altro modo provvisto, o la chiesa non venisse soppressa. Non sembra che la deliberazione capitolare avesse effetto; perchè la Regina di proprio moto assegnava un soccorso di scudi cinquanta sulla cassa del Patrimonio ecclesiastico, e, derogando al precedente decreto, ordinava che la chiesa di San Piero dovesse sussistere1.

  1. Rescritto de’ 14 novembre 1805. Vedi fra i Documenti, il n° XV.