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e deliziose riviere, ed isolette. Vedesi in ogni tempo ab-

    l’anno decimo dì nostra redenzione. Avrebbe dovuto perciò dire piuttosto: Questa rifazione fu fatta da Ottaviano Cesare, altrimenti s’intenderebbe fatta da Giulio Cesare di lui padre adottante, se non si trovasse espresso col proprio nome di esso Augusto, che rifece le mura e le torri di Napoli 54 anni dopo la morte di Giulio Cesare.
       Si nomina Adriano come secondo ristoratore delle mura napolitane al 156 quando intese ad innalzare un tempio al suo Antinoo là dove oggi sorge S. Giovanni Maggiore, Ma è da notare che non vuolsi meritar codesto Cesare del rifacimento delle muraglie, perocchè nissuna notizia certa ne abbiam potuto attingere nelle opere degli amichi, i quali di ciò non si sarebbero taciuti, inclinati come e’ sono in tutte le cose loro a far lodi e romori. Ciò che v’ha di vero, e che puoi raccogliere dal Pontano e da’ suoi contraddittori, è che Adriano ricolmò due valloncelli a ponente del tempio per mettere avanti di esso alcun poco di piazza; onde distese più verso austro il suolo della città.
       Più generoso ampliatore fu il gran Costantino. Il quale, recato la pace alla Chiesa, pose di suo ordine in Napoli, a documento di sua fede, molti templi cristiani, che ancora oggidì veder puoi in S. Giovanni in fonte nel Duomo, in S. Sofia ed in altri luoghi, di che appresso si dirà: ma con ciò non tutte le chiese di quel tempo son da attribuire a lui; anzi si ha da notare la sollecitudine degli antichi a dargli tanta operosità. Allora Porta-Campana venne abbattuta, e riedificato in capo al sito dove si alzò a’ primi tempi della monarchia Castelcapuano, e fu detta regia; e la porta innominata a settentrione del Duomo fu allogata più in giù in quel luogo che fin d’allora si disse di S. Sofia per una chiesetta ivi presso innalzata.
       Nel secolo V cademmo nuovamente in preda de’ barbari; e più di tutti Alarico alla testa de’ suoi Goti fece aspro governo di noi al 410. Fugato di Napoli per le armi di Valentiniano, questo infelice monarca, che non meritava di cadere sotto il pugnale di quel Massimo a cui ebbe dato la chiave del suo cuore, ricostruì il nostro muro e lo munì con nuove torri. Testimonio della ge-

     Celano — Vol. I. 8