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e poi Santo Aspreno, che creò Vescovo della città, e molti e molti altri cittadini. Ed essendosi propagata la Fede,

    consacrate alla mestizia, al lutto, alla desolazione ed al lamento. Il luogo della loro radunanza avea finanche il nome di Cella lugubre, ossia Cosa del pianto. Si ebbe notizia di questa veramente strana e curiosa società da una greca iscrizione in un gran tegolo di creta cotta, (non già marmo, come fu da nostri scrittori definito) che si scavò nel 1612, diroccandosi alcune case appartenenti al monastero dell’Egiziaca a Portanolana, nel cui muro di prospetto ancor oggi si vede. Il Romanelli ce ne ha dato i primi cinque versi come furon letti e riportati dall’Ignarra colla sua traduzione, giacchè i rimanenti nulla hanno d’interessante:

    Tettiae Castae Sacerdoti Sodalitalis Matro-

    narum Cellae Lugubris Designatae.

    Caesare Augusti Filio Domitiano Iterum,

    Valerio Festa Consulibus XIV (mensis)

    Lenaeonis. Scribendo Adfuerunt Lucius Frugi,

    Cornelius Cerealis, Ianius. . .


       Non è chiaro, perchè queste matrone si radunassero nella loro Casa del pianto, di cui Tezia Casta è chiamata Sacerdotessa: ma, se si dà luogo alla congettura, si può credere, che convenissero a quella mesta ragunanza per piangere la morte di Adone, come si usava del pari in tutta la Grecia col nome d’Inferie Adonie, o giorni consecrati a questa lugubre funzione. Pausania, e più chiaramente Luciano, ne parlano.
       Nel resto di questa iscrizione, assai poco leggibile, si riporta al senatoconsulto, col quale si ordinò, di darsi all’estinta sacerdotessa il luogo del sepolcro, e di alzarsi una statua a cagion dei suoi meriti. La data di questo pubblico atto risale all’anno 75 di nostra redenzione.
       Eran questi gli elementi che il governo cittadinesco costituivano di Partenope e Napoli, e che insieme riuniti, un senato formavano, dal quale eran le pubbliche faccende proposte alla deliberazione del popolo, presso cui era la suprema autorità, come nella guerra di Palepoli avvenne. Laonde gli stessi magistrati di Rodi, Cuma ed