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nona, delle incette di frumento; e si costituisce il prezzo

    dalle sottigliezze forensi pervertite; il ceto de’ curiali intrigante e corrotto. Cattiva, imprevidente, meschina, al pari dell’avarizia, chiamar si poteva la finanza, che tutte le sorgenti della ricchezza pubblica disseccava ed impoveriva. Spenta ogni buona economia; esausto il tesoro, i suoi regolamenti nè togliere gl’insopportabili aggravi, nè mitigarli potevano. Arbitraria ed erronea era l’amministrazione civile; sconosciuti i più salutari effetti delle leggi municipali. Qualche bell’opera, appena condotta a fine, era presto dal tarlo dei rigiro e del privato interesse insidiata e corrosa. Esposto il regno a tutti i mali della licenza militare, corrotta. ancor di più dal vizioso esempio de’ capi. Di forze temporali era tuttavia possente la Chiesa; e quanto più le filosofiche dottrine insegnavano il discredito delle religiose virtù de’ ministri del Santuario, tanto, più questi non si ristavano dal regolar da zelanti le credenze del popolo. Era la feudalità nel suo pieno vigore. I nobili alteri ognora e sprezzanti; indifferenti al bene ed al male delle classi inferiori. Il loro orgoglio era cresciuto in proporzione dell’avvilimento e della sommissione de’ loro vassalli. Da ultimo, pretensioni esclusive; soverchia rimembranza del passato; amarezze suscitate da interessi locali e personali, diffidenze, rancori erano non meno ingrati elementi del nostro stato in que’ tristi tempi di sciagura e d’obbrobrio!
       Noiato intanto il regno del presente e dal futuro allettato, faceva Ogni sforzo per ricomporsi. Era impossibile che i Napolitani soffrir potessero la perpetua condanna di vivere da schiavi sotto l’arbitraria sferza di stranieri proconsoli. Non più sommesse a barbare genti aliene di lingua e varie di cosiumi, chiedevano le Sicilie elevarsi a regno indipendente, avere il suo Re, e valersi delle proprie armi per sostegno e difesa dell’indipendenza. Era insomma arrivato il tempo in cui i Cieli alle future prosperità di Napoli si preparavano. Un conquistatore di fortuna e di genio dovea mostrarsi ai novelli sudditi, ed al genio ed alla fortuna di Carlo III di Borbone fu riserbato il merito sublime di guidare e di secondare la Restaurazione della Monarchia Napolitana.
       La storia patria ci ha narrato con quanto plauso fu quell’amato Principe acclamato, festeggiato ed accolto; bastando aggiungere,

     Celano — Vol. I. 30