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voti; e di questi venti se ne cavano a sorte dieci, e questi intervengono con i capitani nelle loro assemblee.

    rantaquattro anni regnò Filippo, finchè morendo ebbe lasciato il trono a suo figlio Filippo III, che il tenne sino al 1665. Questo Re mandò in Napoli dieci Vicerè, i quali furono il Duca d’Alba, il Duca d’Alcalà, il Conte di Monterey, l’ammiraglio Enriquez, il Duca d’Arcos, D. Giovanni d’Austria, il Conte di Ojnatte, il Conte di Castrillo, il Conte di Pegnaranda, ed il Cardinal d’Aragona, ed il solo Luogotenente Beltrano di Guevara. Tra i fatti memorabili di questo tempo, il tumulto del 1657 occupa lungo periodo di considerazioni nelle opere degli storici Napolitani, e se qui si volesse comprenderne tutte le molte e varie cagioni, si farebbe opera al nostro scopo non punto conveniente.
       La gravezza delle imposte per alimentare le guerre in che si travagliavano gli Spagnuoli non era più da sopportare: i Vicerè, ignari i più della politica ed economica amministrazione dello Stato, avevan posto a gabella le carni, la farina, e sino il pesce; perchè la minuta gente, costretta dal caro a privarsi di ciò che più indispensabile tornava alla vita, cominciò a fremere di sdegno. Pose fuoco all’esca un nuovo balzello del Duca d’Arcos sopra le frutta. Eran quattrocentomila ducati che se ne traevano per la sola città: ma quel danaro parve cavato per rapire al popolo il suo ultimo conforto, privandolo del solo nutrimento che di leggieri potevasi procurare, e che tanto necessario ritorna a chi abita come noi in contrada meridionale. Scoppiò impetuoso il tumulto. Un secondo Masaniello, messosi alla testa de’ più arditi, li condusse al palagio del Vicerè, dove con altieri e risoluti modi chiedettero l’abolizione della gravezza. Il Duca accondiscese: ma secondo ciò che interviene in ogni rivoltura civile, ottenuto il poco, si pretese anche l’annullamento di tutt’i nuovi dazi imposti da’ giorni di Carlo V, essendosi nelle assemblee di quel Re fermato di mantenersi solo quelli del tempo suo. Il popolo nell’impeto del furore, e tra gli strepiti e la confusione, non udì le parole del Cardinal Filomarino, che buoni provvedimenti aveva ottenuto dal Vicerè. Le milizie spagnuole ritiraronsi in Castelnuovo, ì sollevati corsero furibondi per tutte le contrade, e non serbando alcun temperamento contro ogni ordine di persona credute nemi-