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più a petizione della stessa piazza viene dallo stesso signor Vicerè confirmato.

    guerra al nostro Re, spinse un esercito in queste province. Lieta fortuna accompagnava i Francesi per terra ed i Veneziani per mare, quelli rivocando alla loro obbedienza le più cospicue terre di Puglia, e questi le più popolose contrade del littorale; finalmente rendutesi Capua, Aversa, Acerra e Nola, il condottiero Lautrech, in su l’autorità e virtù del quale si riposavano le supreme cose della guerra da parte di Francia, pose il campo da oriente a settentrione di Napoli, circondandola dalla collina di Poggio-reale, su cui egli si collocò, sino al colle di Capodimonte, dove affidò il comando al cantabro Pietro Navarro, il cui nome è sì chiaro nella storia delle artiglierie. Filippo Doria ammiraglio correva le acque de’ golfi di Napoli e Salerno. La città, all’annunzio della guerra e dell’assedio, restò quasi deserta, perchè tenevasi mal animo degli Spagnuoli; onde chi avea facoltà o qualità si fu ben tosto ritirato ad Ischia, a Capri e alle altre isole vicine. I Baroni rimasi eran di fede sospetti, e la maggior parte Angioini: il popolo tra per lo timore e lo sdegno d’una contesa che non volea sostenere, si vedea a processioni per le strade, supplicando con pianti e lamenti il Cielo, che il togliesse da’ travagli, e da una signoria che se non abborriva, non amava. In ciò la penuria cominciava a tornar molesta, tanto che le milizie spagnuole e tedesche n’erano assottigliate: laonde facevasi proponimento dal Principe d’Orange, capo degl’imperiali, di armare tutt’i cittadini napolitani. Ma peggio riusciva il rimedio che il male; imperocchè se i Napolitani alcuno avesse allora riunito, e dato a ciascun di essi una spada o un moschetto, queste armi non si saprebbe dire contro di chi sarebbonsi rivolte. Avvisatosi per tempo dell’imprudente consiglio, il Principe mutò pensiero, e trasse a combattere la flotta di Filippino, inconsapevole del nuovo infortunio che avrebbe colto gl’Imperiali nelle acque di Capo-d’Orso, presso la costa d’Amalfi, dove venuti alle mani coi Reali, n’ebbero piena rotta, e nel feroce combattimento Don Ugo Moncada e Cesare Ferramosca restarono uccisi, feriti l’Avalos e il Colonna, prigionieri il Salerno, il Santacroce, il Gobbo, e molti altri illustri capitani e gentiluomini. Questi fortunati successi mossero Lautrech a rincalzar l’assedio della città