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dono nello reggimento loro; e di questi cinquantotto a

    non vollero riconoscere il Principe Spagnuolo, Nelle contese coll’altro durò Ferrante grandi fatiche, e fece mostra d’incredibile valore, spezialmente là a Torricella presso Calvi, quando avvedutosi di un tradimento, ordito con finte proposte di pace dal Duca di Sessa, gli convenne lottare a corpo a corpo, solo, contro le spade di tre gagliardi cavalieri, quali erano il Duca, Deifobo dell’Anguillara e Giacomuccio di Montagano. Pure dalle estremità e da’ pericoli onde l’accerchiava l’ardito Angioino, non fu salvo che per le armi di Giorgio Castriota, detto Scanderberg, Principe d’Albania; il quale, soccorso e giovato da Alfonso nelle sue guerre contro il Turco, ne dimostrò gratitudine verso del figlio. Ma, sebben liberato da questi nemici, Ferrante entrò in nuove guerre con alcuni Stati d’Italia, e contro i Turchi, appellati e spinti nel reame da’ Veneziani, insospettiti e gelosi dell’alto potere del Re; e non uscì di questi travagli che dopo molte vittorie ed un solenne contratto di pace fra lui, il Papa, il Duca di Milano, i Veneziani ed i Fiorentini. Non erasi che appena dato componimento alle cose di fuori, quando i principali Baroni del regno, male aspettandosi dell’alterezza ed avarizia del Duca di Calabria, strinsero tra loro una lega, invitando all’acquisto di Napoli Renato d’Angiò, ultimo superstite de’ Principi durazzeschi, e nipote dell’altro Renato che Alfonso aveva discacciato dal reame. La trama fu scoperta, e si venne alle armi, onde tutta la Puglia fu subito avvolta fra tumulti e sedizioni, fatte vive e rinascenti da quelli che, avidi di cose nuove, speravano nel turbamento dell’ordine pubblico render migliore la sorte di loro. Varia e piena di pericoli andò la fortuna dell’impresa, di che la città nostra udì solo novelle e vide poi la fine, la qual solamente è qui uopo toccar di volo. Il Conte di Sarno ed Antonello Petrucci furono i più solleciti promotori della congiura, e questi fu incolpato dalla posterità sia per essersi messo spontaneamente in quella, o per averla nascosa al Re, del cui cuore veramente volgeva ambo le chiavi. Ora eglino essendo i capi con i figliuoli del Petrucci, se fossero colli a mezzo dell’opera, sarebbe caduto l’animo agli altri Baroni. Ciò venne in mente al Duca di Calabria, e conferitone con suo padre, sotto colore di splendide nozze tra una nipote del Re ed un figliuol del Conte, eb-