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fu quella rapportata da Tito Livio nel libro 8° in tempo


    me e di Napoli. Finita in tal modo la guerra, fu giudicato e per la stanchezza del lungo e duro assedio i nemici esser caduti in potere del popolo Romano; ed a Publilio due cose singolari primieramente avvennero, la prorogazione del governo non ancor più mai fatta ad alcuno, e finito tal magistrato, avere l’onore del trionfo. Ed ai Napolitani in forza di quella federazione fu conservata la autonomìa e conceduta la facoltà di militare e di ottener cariche nelle Romane legioni. E ad altro non vennero obbligati se non a pagare alcuna taglia invariabile, a somministrare un dato numero di navi, e a stare nelle controversie co’ finitimi a’ decreti del Campidoglio.
       All’ambascerìa spedita da’ Tarenlini a Napoli per indurla a combattere contro i Romani voglionsi riferire alcune monete di essa in argento, le quali ne presentano i suoi tipi uniti a quelli di Taranto. Alla federazione conchiusa tra Napoli e Roma si accennò con altra moneta di bronzo che offre i tipi di Napoli; ed al trionfo di Publilio Filone la seguente epigrafe de’ Fasti capitolini, donde si trae ancora che Paleopoli meglio di Palepoli si direbbe:

                        Q. Pablilius. Q. F. Q. N.
                        Philo, II Primus, Pro. Cos.
                        De Samnitibus, Palaeopolitaneis.

       Disceso Pirro in Italia, e non avendo potuto espugnar Capua, tentò d’impadronirsi di Napoli; ma inutile divisamento fu il suo. Chè questa all’alleanza Romana mantennesi costantemente fedele. Per la qual cosa dopo la battaglia del Trasimeno, i Napolitani spedirono ambasciadori per presentare al senato Romano niente meno che quaranta tazze d’oro massiccio e di gran peso, dicendo, per quanto Livio ne scrive: «Come eglino sapevan che l’erario del popolo Romano per la lunga guerra si vuotava di pecunia, e che facendosi la guerra parimente per il contado e per la città di Roma, capo e rocca principale di tutta Italia, e per la salute di tutto l’impero; i Napolitani avevan giudicato essere cosa ragionevole aiutare il popolo Romano con tutto quell’oro che dai loro maggiori o per ornamento de’ templi o per difendersi dai sinistri accidenti della fortuna era stato loro lasciato, e che s’ei