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Quanto poi fuor di questo sito si vede, tutto venne ac-


    mani fossero infidi e fraudolenti, e da ultimo promettevan soldati da custodire le mura, e ciurma da fornirne le navi: e perchè fossero affatto venuti nel lor proposito offrivansi a pagare ogni spesa di guerra, e a restituire i Napolitani nel possesso di Cuma, donde già i Campani gli avevano espulsi. Quelli fra Napolitani che avevano fior di senno, e prevedevan le triste conseguenze della guerra, si fecero a consigliar pace; ma v’eran pure di molti che ostinavansi nel contrario parere: onde le parti dissidenti, venute prima alle contumelie, passarono a’ sassi; ed avendo il popolo superato i patrizii e data una feroce risposta a’ romani legati, li accomiatarono, risoluti a vendicarla con le armi. Laonde il popolo di Roma con autorità de’ padri deliberò che si muovesse contro a’ Palepolitani; ed avendo i consoli sorteggiato le province, il governo della guerra toccò a Publilio Filone, restando affidato a Cornelio l’opporsi con altro esercito a’ Sanniti, se pur avessero da quella parte fatto alcun movimento. Il quale Publilio, non essendogli riuscito di prendere la città, la stringeva d’assedio, tenendo le sue schiere tra Palepoli e Napoli, e togliendo loro l’opportunità di recarsi scambievole soccorso, come per la vicinanza delle lor mura era dianzi avvenuto. Onde approssimandosi il giorno de’ nuovi comizii, e giudicandosi non esser utile alla repubblica far tornare Publilio Filone, tuttochè terminato il suo consolato, rimanersi proconsolo in campo al comando di quella guerra contro a’ Greci, tanto che fosse compiuta, come veramente accadde. Perciocchè oltre all’essere una parte di loro separata dall’altra, mediante le bastie, e munizioni fatte tra Napoli e Palepoli, eglino anche dentro alle mura, per cagione degli stessi soldati che le difendevano, pativan cose sozze e crudeli nelle mogli e ne’ figliuoli, che sogliono essere l’estreme miserie delle città affidate a gente nemica, e come ebbero udito che nuovi guerriesi lor mandava il Sannio e Nola, non bastando essi a por modo a’ pessimi diportamenti di costoro, parve manco male il darsi liberamente a’ Romani. Carilao e Ninfio, capi della città, essendo insieme convenuti, statuiron quel che ciascuno dovesse operare; e ciò fu che l’uno andasse al capitano dei Romani, e l’altro si rimanesse a pigliar la commodità opportuna di dare la terra. Garilao fu quello che venne a Filone, dicendo: