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L’altra, che alle piazze viene ascritta, ha il voto, o suffragio negli affari pubblici: come sono nell’imposizio-


       Non bastavano le armi a travagliare le nostre contrade; sopravvennero eziandio crudelissime pestilenze che le lasciaron quasi deserte. Nell’orazione che S. Gregorio Magno tenne al popolo pria di esser consegrato Pontefice, toccando del feral morbo gridava: Tutti Siam percossi dalla spada dell’ira celeste, ed una morte repentina ne fa sterminio. L’infermità non previene la morte; ma questa, come vedete, precorre l’infermità, di essa più tarda. Gli abitatori non già a parte a parte sono rapiti, ma tutti insieme cadono stramazzati; rimangono le case vôte: mirano i genitori morire i figliuoli, e nella morte son preceduti da’ loro eredi. E Paolo Diacono, favellando di un’altra epidemia del 571, che fin d’allora si disse peste anguinaria, lasciò detto, che restavano i bestiami ne’ pascoli senza pastore, le ville ed i castelli in solitudine ed in silenzio: i seminati, scorso già il tempo del mietere, intatti, aspettavano invano i mietitori: le vigne, già cadute le foglie, lasciavano illese le uve, benchè approssimato l’inverno. I cadaveri degli uomini superano la vista degli occhi, ed i luoghi di pascolo si aprono in sepolcri di defunti.
       Ducato napolitano. Longino abolito avendo l’antica partizione delle nostre province, e tolto via i presidi, i consolari e i correttori, durati ancora nel regno de’ Goti, pose al governo delle principali città un magistrato col nome di Duca. il quale primamente fu nominato da lui e da’ suoi successori, vicari imperiali in Ravenna, finchè quell’Esarcato non cadde in potere de’ Longobardi; di poi, sin presso la fine del nono secolo, prese potere dall’Imperatore, e da ultimo lo elessero i cittadini a pluralità di suffragi. La Ducea napolitana ebbe dal suo principio angustissimi confini, non comprendendo che il suolo de’ Campi-flgrei da Cuma a Pompeia, e separata dal rimanente della Campania dallo spento vulcano della Solfatara, e dall’ignivomo monte Vesuvio. Ciò sino al tempo che Maurizio Imperatore ne allargò il limite fino a Nisida, Procida ed Ischia, ed a cui si aggiunse in appresso, a’ giorni di Carlo Magno, Castellammare, Sorrento ed Amalfi ancora, addomandandosi tutto il territorio Liburia Ducale. La qual non di rado soggiacque alle corriere de’ barbari forestieri: ma Napoli non