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E questo ha dato da fantasticare a molti, che vogliono fare degli ingegnosi, arrivando alcuni a scrivere che taluni pezzi d’anticaglia (che così da noi vengono chiamate) che stanno presso l’antico tempio di Castore e Polluce, ora di S. Paolo, erano l’antiche muraglie, la prima di Napoli, la seconda di Palepoli. Ma di questo se ne discorrerà, quando osservate saranno. Dirò solo, che dell’antica città se ne osservano le vestigia di quasi tutte le mura, della nuova per pensiero: in modo che con l’occasione d’ampliarla, questa nuova città ch’era borgo, è stata chiusa dentro le mura; e nell’anno 1140 al dir di Falcone Beneventano, Rogiero Primo la fè di notte misurare, e la trovò di circuito duemila trecento sessantatre passi, non essendovi borghi: atteso che fin nell’anno 1500 in questi luoghi dove ora si veggono i borghi non vi eran case; come apparisce da infiniti istromenti di censuazioni fatte dopo. Dal che si ricava, che essendo queste due città, come altri hanno scritto, occupavano unite poco spazio: eppure questa misura accadde in tempo, ch’erano state fatte altre ampliazioni.

È vero sì, che le muraglie eran d’una magnifica struttura, e nell’anno 1640 in circa, essendosene scoverta una parte, sotto del monastero di S. Severino, si ritrovarono essere di quadroni di pietra ben livellati d’otto e dieci palmi l’uno: in modo, che si verifica quel che ne scrive l’Abbate Telesino delle gesta di Rugiero Primo. Parevano poi più speciose, perchè stavano erette su d’un colle, che soprastava al mare; e presso del Collegio de’PP. Ge-


    bensì e governate da quelle della nuova. Così, mentre si attendeva a fabbricare un’altra città, l’antica ripopolavasi, ed in ambedue gente di Cumana viveva. A questo alluse Tito Livio, a nostro credere, dicendo: Palepoli a’tempi suoi trovarsi al di là di Napoli, ma non a molta distanza, ed essere gli abitatori delle due città un solo popolo, e tutti originarsi da Cuma.