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metta vantaggi e riesca di corromperlo, rompe tutta la lega tessuta con tante fatiche e con tanti sacrifizi. È un ignorare il testimonio costante della storia delli Stati federativi, il voler confidare su di un aggregato di capi sovrani, tanto più gelosi di figurare, quanto sono più privi di mezzi di farlo; tanto più difficili a confidare ad un capo la comune difesa, quanto più diffidenti fra di loro; tanto più impotenti a cooperare con prestezza e con vigore, quanto meno regolati nella loro amministrazione. In breve, volete voi adormentare un popolo sopra un vulcano coperto? Volete voi tenere la porta aperta agli assassini? Stabilite la federazione e voi riescirete nel vostro intento. Questa è una verità anche troppo nota a chiunque ha delibato la politica degli Stati, talchè alla fine siamo costretti a conchiudere non trovarsi sicurezza che nella potenza elevata all’unità nazionale, regolata da un sol principato1.» Tutto ciò tengano bene a mente gli Italiani e la storia non che d’Italia ma di tutta Europa dal 1848 al 1859 è il più stupendo attestato del profetico e acuto criterio del moderno Macchiavelli.

Nè si adduca in contrario l’esempio dell’America, mentre coloro che hanno letto e meditata la storia della rivoluzione degli Stati Uniti di America, od anche solo la vita di Washington, si persuaderanno di leggieri che il miglior ausilio che avessero quei confederati era l’immenso Oceano che li separava dall’Inghilterra, senza cui sarebbero stati probabilmente vinti per le interne dissenzioni, ad onta del senno dei Morris dei Francklin e dei Washington.

  1. Teoria costituzionale, parte II, pag. 15.