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descrizioni che il mal vezzo e l’innocente persuasione di alcuni giornali ci regalano ogni giorno di demoralizzazione, di sfasciamento, di assoluto isolamento, di inscienza governativa, di depauperamento esiziale di quell’impero; cose tutte che se hanno — come è indubitato — un fondo di verità, devono essere considerate con maturità di consiglio a fronte degli elementi di forza, di tatto politico, di prepotenza che vi fanno indubbio contrasto, per non cadere nella rete. Tengasi per fermo che l’Austria non cede mai che alla forza, e cede con animo deliberato di riprendere il perduto, sovente con nuove appendici, tostochè le se ne porga o ne abbia il destro.
Con questo principio per guida, ogni italiano può giudicare l’attuale vera condizione della patria nostra senza illudersi, per prepararsi quindi al còmpito supremo, cioè, di obbligare i suoi eterni nemici o con trattati, o colla forza delle armi lealmente e francamente, a ripassare per sempre le Alpi.
Evvi un partito in Austria stessa che consiglierebbe al Governo di abbandonare del tutto l’Italia, piaga incurabile e forse la sola incurabile dell’Impero Austriaco verso altri compensi, ma non è a credersi che quel governo ottemperi a quel savio ed utile partito.
Dico utile non solo relativamente ai compensi che ne potrebbe ritrarre, ed all’enorme economia che ne conseguirebbe nel suo bilancio della guerra, ma anche per lo slancio che prenderebbero i commercii, le industrie e gli interessi tutti di quel vasto impero, atteso i nuovi rapporti che sorgerebbero fra popolazioni divenute amiche, e non più avversate dall’odio e dallo